Sedimenta
Scrive Gaetano Centrone nella
presentazione del catalogo della mostra presso la Spazio Aperto all'Arte - Molfetta - agosto 2005:
Paolo
Sciancalepore appartiene a una razza particolare d’artista: le sue opere infatti, non colpiscono per la veemenza delle forme o dei colori, con lo shock derivante dall’impeto dell’involucro, bensì
si insinuano sottopelle, poco alla volta, fruizione dopo fruizione. Lo spirito delle sue tele è una melodia soffusa non immediatamente percepibile e distinguibile al primo ascolto, ma con il
tempo avvolge e conquista, ammanta e cerca senso e sistemazione.
La critica che si è occupata della sua arte ha declinato – quasi sempre a ragione – le varie gradazioni di reale presenti nelle sue realizzazioni, tirando in ballo le categorie storiche di realismo, iperrealismo e surrealismo, e finanche la Metafisica. Diverse gradazioni di reale che presuppongono diversi approcci alla realtà, diverse modalità di percezione del mondo delle forme e diversa manipolazione delle apparenze. Eppure il modo di stare al mondo è uno solo. Quello personale e autentico d’artista.
Le tele di questi anni ricamano insistentemente una ricerca
spaziale che esplora il luogo, allo stesso tempo fisico e mentale: quasi sempre la scena si apre su una spiaggia, una mare, un ambiente più o meno concluso che altro non è dall’illusione
ottico-percettiva di una quinta scenografica. [...]
Scatole che racchiudono paesaggi e ambienti, uomini e animali,
trasformando la riproduzione illusoria dei dati sensibili in delirio iperrealista da collezionismo. Con una realtà evidentemente messa sotto vetro, privata di atmosfera, messa tra parentesi.
Costipata tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo. Ma cosa c’è dietro questo problema di percezione? Chi è l’attore protagonista sempre evocato, sempre atteso, e mai direttamente
raffigurato? Ad una attenta riflessione non si può non concludere con una sola risposta: l’uomo. “Né angelo né bestia” secondo la definizione di Pascal, ma potenzialmente capace di toccare i due
estremi, perennemente in bilico tra la polvere e l’altare, la dannazione e la salvezza. Capace di compiere gesti sublimi o, al contrario, terribili. L’uomo dunque come congiunzione ideale tra la
caducità del mondo delle forme e l’immortalità degli dei. La cui presenza è qui affidata al sentimento di natura e alla costruzione mitologica. [...]